La mia opinione è che nella impresa dei mille di eroico e di militare vi sia stato ben poco: l’esercito borbonico nelle sue figure di comando tradì per denaro la sua bandiera. Il denaro era Piemontese e inglese. Di tutto questo vi erano tracce chiare nei documenti che Ippolito Nievo doveva portare in continente. Era questo il motivo dei consigli criptici del console Hannequin: egli sapeva e conosceva anche quale sarebbe stato il destino del patriota italiano incaricato di far luce su questa vicenda.
Nievo si imbarcò la sera del 4 marzo del 1861 sul vapore Ercole con rotta per Napoli, circa 10 ore di navigazione. Naturalmente non arrivò mai a destinazione, il piroscafo si inabissò senza alcun superstite all’entrata del golfo napoletano. Tutti morti e il carico dei documenti in fondo al Tirreno per sempre! Dentro la cassa sigillata che Nievo doveva portare a Torino c’erano le prove documentate della pesante ingerenza del governo di Londra nella caduta del Regno delle due Sicilie.
Vi era scritto come l’intendente aveva gestito un patrimonio in piastre d’oro turche fornite dagli inglesi con i quali erano stati pagati molti alti ufficiali del Re di Napoli; vi era scritto anche a quanto ammontava il tesoro in lingotti d’oro conservato nei forzieri del Banco reale di Palermo e del quale non vi era più traccia. Vi erano probabilmente scritti i nomi dei collaboratori, mediatori, politici e maneggini che avevano permesso il miracolo con cui mille uomini conquistarono il regno più vasto e ricco della penisola e lo regalarono ad una delle più piccole e micragnose monarchie d’Europa.
Questo fu l’inizio della nostra Italia Unita, quello che non compare in nessun libro di scuola ( ci mancherebbe) e di cui nessuno ha mai fatto cenno nei soliti discorsi ufficiali del tricolore che sventola sul Quirinale. Questa è solo la prima parte ma se il buon giorno si vede dal mattino…
Decine di fatti e di personaggi, una Italia e un Meridione del tutto diversi dalla facciata di comodo, una quantità di punti oscuri da decifrare…… ma io scrivo d’amore e di vita, di musica e della mia generazione che fu proiettata in un futuro che non era questo, credemmo più o meno in un destino nuovo e in mondo nuovo. I localismi da cui provenivamo non avevano credito in quegli anni, sembrarono morti e sepolti: usammo la nostra giovinezza credendo che glissare sull’evidenza fosse farci un piacere. Poi in alcuni di noi si è fatta strada una musica diversa, più antica, ha messo in secondo piano il rock ‘ roll e si è fatta viva di nuovo la taranta. Continuerò a scrivere d’amore

Commenti
Posta un commento
I commenti sono liberi, il blogger è andato via per sempre.