Dovrei rinunciare alla mia visione delle cose solo perchè è più scomoda e meno “adeguata” ai tempi, perché i miei interrogativi e la mia storia sono scritti altrove?
Io arranco quotidianamente dietro le contraddizioni della mia esistenza e del mio scrivere, dietro la solitudine che non è né brutta né bella ma solo una mantide. Una creatura che si nutre di ciò che gli è simile, ma che, per vivere, deve trasformarlo in altro e quest’altro in qualche modo mi sfugge, ed è così che scrivere assume la stessa ambiguità di una solitudine in cui non si è più se stessi.
E questo è proprio il massimo della beffa. Ho la malinconia del fallimento, anche ora in questo momento ma continuerò a cercare: invidio la sicurezza di alcuni di voi, la fede incrollabile. Per me raccontare e raccontarmi è un sentimento delicato. A volte ho paura di sciuparlo.
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