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Visualizzazione dei post da febbraio, 2025
Credeva di averne di più.  A dir la verità non lo aveva mai considerato: il suo tempo nel tempo che viveva giorno dopo giorno. Pur avendolo riempito di un'infinità di cose inutili e lunghe, anche sacrificandolo ad una quantità di altri tempi diversi per fogge e prospettive, pensava di averne davanti ancora una misura praticamente infinita.
La pazienza è la virtù specifica del pescatore, l’impazienza quella degli altri.
Ho parlato con migliaia di persone ed erano tutte chiacchiere importanti, l’unico ricordo che conservo di esse è un’eco lontana. Scrivo da quel pomeriggio in cui Enzo scrisse a Tiziana con un bacio lento e pieno d’aria che era innamorato di lei. Così Tiziana c’è ancora, con la gonna a quadri e lo spillone dorato e la camicia chiara sopra il seno ansimante. C’è perché ne ho scritto. Allora come adesso, scrivo per pesare di più sulla bilancia della vita o per continuare a crederlo. Ognuno di voi ha la sua ricetta e relativa posologia dentro la tastiera…miliardi di battiti e di baci, un firmamento di astri luminosi che contengono le nostre vite che continueranno a riflettere sulla terra anche quando i proprietari saranno volati via.
Per quanto mi riguarda la prova più pesante è stata per me spogliarmi dalle remore, anche culturali, e scrivere o riscrivere con quell’immediatezza che sola ti libera l’animo e la mente; sto ripubblicando tutto con il MIO TUTTO, con il mio mondo e la mia generazione tra i denti, la vecchia e nuova Europa, quella che ho amato sui libri, la mia Patria inutile e vituperata. Il mio Sud trafitto dal sole e dall’oblio, la mia educazione sentimentale sempre a metà…la musica, le immagini e infine il sogno di cui nessuno potrà dire perchè resterà un segreto per sempre.
Quanto il virtuale ci allontana dalla vita vera? Quanto valgono veramente le diatribe accese, le discussioni più o meno serie in rete? Quanto di noi resta di sincero su questo strano oggetto che chiamiamo blog?  La vita, la mia vita cammina altrove. Così com'è, senza troppe distrazioni, con molte letture, abbastanza noia e qualche incazzatura. Questa domenica scivola via nel ricordo di una serata con un po' di sano Jazz e una cenetta parca con un paio di amici. Scivola per entrare nella sera che precede un altro giorno usato senza avere il tempo di baciarlo e stringerlo stretto. Scivola con me: guardo il golfo e molte cose diventano inutili, molte persone vuote.  La mia vita passata. 
L’amore che si presenta alle spalle di notte è un assassino silenzioso. Scivolo tra le sue braccia per sfuggire al mio destino. Dibattersi, negare cambiare il suo disegno con una poesia bilanciare con i miei frammenti il suo sorriso finale è l’ultima sciocchezza di quest’uomo. Stanotte non finirà così Per molto tempo ancora tralascerò quella virgola che fa da confine tra la vita e i giorni vuoti. E voltandomi ti bacerò come tu non hai mai provato Mi ucciderai certo ma non sarà invano ti accoglierò da solo stanotte. Come sempre sono stato e ti guiderò la mano e per un lunghissimo attimo capirai. Dopo sarà troppo tardi Troppo facile troppo rapido e lontano
Potessi descrivere il silenzio pieno di queste ultime settimane, il suo spandersi quieto e imponente sulla mia vita… Non ho rimpianti, quello che ho fatto è la diretta conseguenza del mio modo di essere, non ci sono asimmetrie stavolta: è solo un cammino naturale. Chiedersi se e quando uscirò da questo silenzio è pleonastico oltre che improponibile: io non ho volontà decise in tal senso. Perchè dovrei averle?
Mamma, vedi come tutto indifferente scorre? Non sono riuscito a fermare le nostre parole, queste come le altre della nostra vita. I tramonti ad occidente, i libri nella grande libreria di casa, le foto di famiglia e questo vecchio ragazzo che adesso è rimasto solo. Arrivederci mamma. Insegnami a scrivere daccapo con l’allegra pazienza che io mai ho posseduto.
Parlare del Sud è facilissimo: il Meridione d’Italia è pieno di luoghi comuni cui appoggiarsi senza grossi problemi. Tutti media ufficiali, il cinema e il teatro sono talmente coperti da questo genere di comunicazione da sembrare che tutto sia reale e veritiero. Solo la letteratura ha mostrato qualche crepa, qualche dubbio e la storiografia comune dal canto suo suona da sempre in un unico modo.
"  Se noi siamo figure di specchio che un soffio conduce  senza spessore né suono pure il mondo dintorno non è fermo  ma scorrente parete dipinta, ingannevole gioco,  equivoco d’ombre e barbagli, di forme che chiamano e negano un senso  – simile all’interno schermo, al turbinio che ci prende se gli occhi chiudiamo,  perenne vorticare in frantumi veloci, riflessi, barlumi di vita o di sogno –  e noi trascorriamo inerti spoglie d’attimo in attimo,  di flutto in flutto senza che ci fermi il giorno che sale o la luce che squadra le cose". Lucio Piccolo, da Gioco a nascondere
Sentirselo dire Anche una sola volta E precipitare dentro Un’emozione che non immaginavi possibile. Sentirlo e ripeterselo per il resto della vita Senza un perché Senza appigli Senza niente altro che questo sogno rivelato. Scartare le parole poiché nessuna si avvicina a quelle Girare lo sguardo attorno E trovare solo l’eco della prima volta. Questo è un giorno come un altro .
Potrebbe sembrare un ritorno, ma non tornerai. So che non sarà così. Siamo altrove, qui solo le orme fuggevoli di un pensiero, di un’idea. Non tornerai ma sarebbe stato bello il contrario, distruttivo forse ma luminosamente bello.
Guarda i miei geroglifici, avverti il sapore della inutilità. Questa notte come le altre in fila ad attendere un'altra vita e un altro senso.
Ho subito un lutto gravissimo e profondo ma chi mi ha lasciato possedeva con naturalezza la misura e la simpatia, nel senso greco della parola, del comunicare e scriverne. Io appartengo ad una generazione più nevrotica e conflittuale che ha mantenuto il fuoco e i suoi effetti devastanti senza avere in cantina buona legna da ardere.
La Sicilia in innumerevoli libri, come sfondo o palcoscenico di film o opere televisive: ovunque e in mille modi l’isola dove sono nato si presenta in scena. Ed esce spesso bastonata. E’ la sensazione fastidiosa della mancanza nonostante tutto, dell’assenza soprattutto, di una misura seria che gestisca l’arbitrio percettivo che si ha di quest’isola. Anche del mio s’intende .
Mentre passano le ore e le stagioni diventa naturale riflettere e ricordare; l’analisi può essere illuminante e definitiva in questi casi, comunque un punto di riferimento. Le decisioni sono sempre secondarie anche se prevedibili: spesso ho atteso fin oltre l’ultimo minuto accettabile, per affetto o paura del nuovo ignoto che mi attendeva.
Non è vero che mi faccio capire e, allo stesso modo, ciò che scrivo non mi rappresenta quanto io vorrei. Il blog è comunque il confine più vicino ai territori del mio spirito, da lì in poi devi inventarti pioniere.
Ma non mi rassegno.  sarebbe il miglior modo di spiegare a certi personaggi che si spacciano per il sale culturale del mondo cos’è la vera cultura e come saziare la sete del sapere. Mi dicesti di scrivere molto tempo fa perché sapevi e mi avevi custodito tu. In fondo non ho fatto altro che seguire il tuo desiderio. Era il nostro modo ed anche adesso che le battute cambiano e il ritmo segue un’altra armonia sento che continuare è un buon modo di rispondere alla sua carezza. Farò cosi e lei mi sorridera’… Sorrideva sempre.
La sua vita da moltissimo tempo aveva assunto a buon prezzo quel meccanismo autoregolante che serviva a non mettere niente in discussione: un'omeostasi esistenziale perfetta. E inutile.
Prima viveva un altro Enzo ma se n’è andato giocando in un cortile di Milano.  Di quel bambino mi son rimaste alcune cose isolate: la gioia per alcuni palloncini in via Dante a Milano il colore del vecchio mobile nella casa della nonna nell’antico paese siciliano, l’odore penetrante di stallatico del carretto su cui in estate attraversai la Val di Mazara… Il senso di mare una mattina quando scoprii le orme dei gabbiani sulla spiaggia e il sole era già alto. Il rumore del vento dolce dall’Africa fra le colonne doriche.  Quell’Enzo non ha altra memoria di sé.
Anni fa trovai una prospettiva nuova e da questa finestra molte azioni, sia le umane in senso stretto che quelle più propriamente culturali, emergendo dalla nebbia confusa delle contraddizioni sociali e storiche, mi apparivano nette, decifrabili, francamente ineccepibili. Mi resi conto dopo che la nebbia intesa come indecisione e confusione permeava ogni aspetto della mia prospettiva, che ero io a voler vedere i contorni della vita in modo edulcorato e quindi falso. Ero io a sceglierne i connotati, io a controllarne l’evoluzione spostandomi impercettibilmente ogni volta che la luce radente e cattiva del sole ne metteva in mostra aspetti scomodi e incongruenti con la mia idea-visione dell’esistenza.
Eri leggera, leggerissima, quando ti ascoltavo al pianoforte non capivo, non potevo sapere che il suono ci avrebbe portato così lontano. L’ultima volta fu un Debussy dalle note infinite, suonasti gli accordi finali con gli occhi chiusi, la musica si spense senza un sospiro, cadde ai miei piedi e si dileguò per le stanze della nostra vita. Leggera, leggerissima come un battito di ciglia.  Palermo 20 dicembre 1976
Signora, ignoravo l’abitudine del barone Cupani che somiglia per certi versi al tentativo di riempire lo spazio vuoto attorno a sè. Il Tomasi ne scrisse nel suo romanzo, descrisse questa netta e per certi versi incomprensibile astrazione dal mondo corrente di coloro che culturalmente appartenevano ad una dimensione esistenziale diversa.
Io NON amo la cultura occidentale che mi ha generato con i paraocchi e so bene quanti roghi si sono accesi nel vecchio continente dal medioevo in poi: io non voglio ritornare a quella stagione dell’umanità, voglio leggere tutto e di tutto, voglio continuare ad ascoltare la musica del vecchio e del nuovo continente, voglio ammirare senza vergogna i maestri del rinascimento italiano, commuovermi davanti ad un Tiziano o un Raffaello o un Caravaggio o davanti ad un cupola del Bernini.
Dovrei rinunciare alla mia visione delle cose solo perchè è più scomoda e meno “adeguata” ai tempi, perché i miei interrogativi e la mia storia sono scritti altrove?  Io arranco quotidianamente dietro le contraddizioni della mia esistenza e del mio scrivere, dietro la solitudine che non è né brutta né bella ma solo una mantide. Una creatura che si nutre di ciò che gli è simile, ma che, per vivere, deve trasformarlo in altro e quest’altro in qualche modo mi sfugge, ed è così che scrivere assume la stessa ambiguità di una solitudine in cui non si è più se stessi. E questo è proprio il massimo della beffa. Ho la malinconia del fallimento, anche ora in questo momento ma continuerò a cercare: invidio la sicurezza di alcuni di voi, la fede incrollabile. Per me raccontare e raccontarmi è un sentimento delicato. A volte ho paura di sciuparlo.